«Credevi che io, come una sciocca, ti rimanessi fedele? Ho anch’io i miei diritti!»
— Cara, mi trattengo in trasferta per un’altra settimana. Non annoiarti lì, torno presto. Ti amo, un bacio! — la voce di Julien al telefono suonava normale, ma Emma sentì crescere dentro di sé un’inquietudine opprimente.
Posò il telefono e fissò il vuoto.
«Pensa che sia una sciocca? Lo so che non mi tradisce… o forse sì?»
*
Emma afferrò il cellulare e compose il numero dell’amica.
— Clara, immagina: ha detto che si ferma un’altra settimana! Ma io so che non è solo lavoro. È con quella sua giovane segretaria! Ho controllato i social, quella ragazza pubblica tutto, senza farsi problemi! Ed è nella stessa città in cui si trova lui!
Clara sospirò.
— Allora vai là. Se li cogli sul fatto, tutto sarà chiaro. E lui non potrà raccontarti altre bugie.
Emma esitò, poi annuì.
Sì, era ora di agire.
Comprò un biglietto per San Pietroburgo e prenotò un piccolo hotel vicino all’albergo dove alloggiava Julien.
*
Il giorno dopo sedeva in un caffè all’aperto di fronte all’ingresso dell’hotel “Severnaya”. In mano — un caffè; nel petto — un nodo.
— Ancora un caffè? — chiese il cameriere, alto, con un sorriso caldo. — Mi chiamo Marco.
— Emma, — rispose lei distratta.
Ma si misero a parlare. Inaspettatamente facile. Così facile che Emma tornò anche il giorno seguente. Marco si avvicinò subito.
— Aspetti ancora quei suoi… conoscenti? — le strizzò l’occhio.
Emma rise. Per la prima volta dopo mesi.
La sera — una passeggiata, storie, risate, luci della città…
E una notte che lei non aveva previsto.
La mattina dopo — il senso di colpa.
E, insieme a esso, una verità limpida come vetro rotto.
«Lui mi tradisce da tempo. E io qui, come un’ingenua, gli sono fedele? No. Ho anch’io il mio diritto!»
*
Emma raccolse le sue cose, lasciò una nota a Marco e uscì quanto più silenziosamente possibile.
Fuori, il freddo della mattina le pizzicò la pelle.
Il telefono vibrò — Julien.
— Emma? Dove sei? È un giorno importante… non sarai venuta qui all’improvviso?
La sua voce — stranamente nervosa.
— Julien… dimmi la verità. Dove sei?
Silenzio.
Lungo.
Vischioso.
— Io… sono in ufficio, ovviamente. Perché lo chiedi?
Ma in quel momento Emma lo vide.
*
Dall’altra parte della strada, davanti all’ingresso dell’hotel “Severnaya”, stavano Julien…
e la sua segretaria Elise.
Sacchetti in mano.
Sorrisi condivisi.
Complicità.
Elise gli sfiorò il braccio.
Il mondo sembrò fermarsi.
Julien si voltò — e i loro occhi si incrociarono.
Sbiancò.
Elise fece un passo indietro.
Emma avanzò lentamente, con una calma gelida.
— Emma… — balbettò lui. — Non è quello che pensi…
*
Lei lo fissò negli occhi.
— Davvero, Julien? Allora guardami e ripetilo ancora una volta.
Lui aprì la bocca, ma…
proprio in quel momento qualcuno uscì dall’hotel.
Si fermò, guardandola.
Emma si voltò — e il respiro le si spezzò.
Era Marco.
Lui la vide.
Lei vide lui.
E accanto a lei stava Julien.
Tre persone.
Due verità.
Una sola resa dei conti.
Su questo istante —
*
Emma sentì come se il suolo si inclinasse sotto i suoi piedi.
Guardava alternativamente Marco e Julien — e tra loro sembrava tendersi un filo invisibile, non per unirli, ma per spezzarsi.
Julien abbassò il sacchetto.
— Emma… chi è lui? — mormorò.
Marco fece un passo avanti.
— Sono quello che non ti ha mentito. — la sua voce era calma, ma ferma.
Elise indietreggiò, incerta.
*
Emma chiuse gli occhi per un momento.
Quando li riaprì, il suo sguardo non era affranto — era lucido.
— Julien, — disse con voce piatta, — sono venuta qui per sapere la verità. E ora la vedo chiaramente.
— Emma, davvero, è tutto un malinteso, io…
Ma lei alzò una mano e lo zittì.
— Tu mi hai mentito. Per settimane. Per mesi. Io… continuavo ad aggrapparmi ai ricordi. Ma ora è finita.
Si voltò verso Marco.
Lui la guardava senza pretese, senza aspettative — solo con rispetto.
— Non devi spiegare niente, — disse piano. — Basta che tu sia sincera con te stessa.
Emma inspirò profondamente.
*
E disse ciò che in realtà portava dentro da tanto:
— Scelgo me stessa.
Julien chiuse gli occhi.
Elise abbassò lo sguardo.
Marco fece un leggero cenno, quasi impercettibile.
Emma si voltò e si allontanò — sicura, decisa, senza guardare indietro.
Il vento le muoveva i capelli.
Il sole saliva sulla Neva.
E per la prima volta da molto tempo non sentiva né paura, né vergogna.
Solo libertà.
Arrivata al suo piccolo hotel, il telefono vibrò.
Un messaggio.
*
Da Marco.
«Se resti in città ancora un giorno… vorrei cenare con te.
Senza pressioni.
Senza domande.
Solo una serata onesta.»
Emma sorrise — davvero.
E rispose:
«Sì.»
Dove finiva la menzogna —
iniziava la sua nuova vita.